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Tutti Troll.

4 giugno in Social Media

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Non è necessario essere nativi digitali per aver sentito la parola “Troll”. È più difficile immaginare che chi l’abbia sentita o, addirittura, la usi correntemente riesca a definire natura e comportamento di un Troll in una comunità digitale.

Ho cercato di capirci qualcosa e, ora, sono ancora più confuso.
Partiamo dall’inizio.

Troll mitologici, Troll letterari.

L’etimologia del termine che mi piace di più è quella mitologica: i Troll norreni hanno tratti salienti differenti a seconda del filone folkloristico di provenienza, ma sono un ottimo punto di partenza per definire una serie di comportamenti.

Un termine di paragone ancora più calzante lo offrono Berto, Maso e Gugliemo che, ne “Lo Hobbit”, Tolkien descrive come enormi, stupidi e violenti: ecco, diamo per assunto che l’aggettivo “Troll” stia a significare questo.

L’ambiente del Troll.

Nato negli ’80, all’interno di comunità virtuali pionieristiche come forum e chat room, il fenomeno è esploso, in tutta la sua virulenza, nell’epoca dei Social Network (più o meno asimmetrici). Al lungo elenco che sicuramente immaginate, aggiungete ogni luogo digitale dove sia possibile interagire e lasciare un commento: i Troll, bazzicano qui.

Fare il Troll.

Leggendo la voce di Wikipedia si trova la frase Una persona che interagisce con gli altri utenti […] con l’obiettivo di disturbare la comunicazione”.

Per i redattori, l’intenzione dolosa è centrale per definire una persona come Troll: in sostanza, un utente mantiene un certo comportamento, perché ha una strategia predefinita, un obiettivo non dichiarato.

Se l’avere un’identità fake non è sinonimo di cattive intenzioni (o di un completo sovvertimento del comportamento dell’individuo sotto pseudonimo) utilizzare tattiche come flame, flood e cross posting è un chiaro indice di un atteggiamento premeditato e distruttivo.

Sia che voi siate Community Manager, sia che siate navigatori della domenica, non dovreste avere problemi a individuare i Troll di questa specie e a reagire di conseguenza.

Tutti vi consiglieranno il classico “Don’t feed the Troll”. Alcuni, come Annamaria Testa, suggeriscono ben 27 modi per insultarsi con efficacia e sabotare le discussioni in rete.

Altri, come Dan Goodswen, rispolverano l’antagonismo tra Batman e Joker per teorizzare che, per depotenziare i Troll, basti l’ironia di un LoL.

Essere un Troll.

Continuando nell’indagine, però, ho notato che esistono altri comportamenti, meno netti che comunemente vengono attribuiti ai Troll.

Come questi:

  • L’invio di messaggi intenzionalmente sgarbati, volgari, offensivi, aggressivi o irritanti;
  • Lo svelare trame di film o libri senza avvertire;
  • L’attribuire a tanti l’opinione di uno, vittimizzandosi e non rispondendo nel merito, spingendo possibilmente altri utenti a prendere le proprie difese;
  • Il ridicolizzare o denigrare ripetutamente gli interventi di un utente “concorrente”.

Questi sono atteggiamenti molto frequenti nelle interazioni fra persone, sia online, sia offline.
Da quanto non parlate con vostra suocera? Siete stati in coda alle Poste, di recente? Ecco.

Vita reale, vita digitale.

Poche persone sono in grado di interagire mantenendo atteggiamenti costruttivi, positivi, decorosi. Non tutti conoscono la netiquette. Non tutti hanno capito che non c’è separazione tra vita reale e presenza digitale. Non tutti hanno gli strumenti (dialettici) elementari per gestire una discussione.

In definitiva, non tutti sono Troll. O meglio, c’è una sostanziale differenza tra essere Troll e fare il Troll.

Il punto è che questa differenza è difficile da verificare.

Velocità vs Comprensione.

Il 47% degli italiani accede da dispositivo mobile. Moltissime persone navigano in modo superficiale, condividendo articoli che non leggono, commentando solo titoli e abstract. Come aggravante, alcuni di quelli che s’impegnano a leggere tutto il contenuto, probabilmente non lo capiscono a pieno, visto che quasi il 47% degli italiani è analfabeta funzionale.

Annidati tra questi dati ci sono anche i vostri amici e, nel caso in cui siate professionisti, i vostri clienti o i clienti dei vostri clienti.

Etichettare i Troll.

L’aggressività eccessiva va sempre condannata ma, dopo averci riflettuto un po’, sono giunto alla conclusione che ci sia una considerevole possibilità che dietro a molti atteggiamenti considerati molesti o distruttivi non ci siano dei Troll puri. Di conseguenza, applicare l’etichetta al primo accenno di animosità si potrebbe rivelare controproducente, soprattutto per chi gestisce canali social per lavoro.

Riscoprite il piacere del dibattito.

Insomma, soprattutto se siete professionisti, il laconico “Don’t feed the Troll”, che ovviamente resta la soluzione economicamente più ragionevole, potrebbe, a lungo andare, essere controproducente.

È faticoso, ci vuole tempo, ma cercare di valutare con attenzione le persone che avete di fronte è fondamentale. Se pensate di avere a che fare con un Troll, mantenete la calma e difendetevi con rigore: la verità è una luce che, Gandalf ci insegna, li lascia di sasso.

 

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